Dopo i disastri Parmalat, Cirio, Giacomelli il default argentino con la perdita per tanti risparmiatori dei lori risparmi, sembrava che i disastri finanziari fossero finiti e che gli investitori c.d. “retail”, ossia quelli non professionali come banche, fondi e così via, potessero dormire sonni tranquilli.
Purtroppo non è stato così. Adesso c’è il caso Eurovita, una compagnia pseudoassicurativa che emetteva polizze vita, quali forme di risparmio, finita anche lei in dissesto.
La società è stata, infatti, posta in Amministrazione Straordinaria, è stato nominato un Commissario e l’IVASS (l’Istituto di Vigilanza sulle Assicurazioni) ha bloccato il riscatto delle polizze fino al 30 giugno.
Vi sono così circa 350.000 sottoscrittori in attesa di sapere che ne sarà dei loro risparmi.
Un dato è comunque probabile: quando una banca o un’assicurazione fallisce – e l’Amministrazione Straordinaria non è altro che una specie di fallimento -c’è poca “trippa per gatti.”
Per chiarire se i clienti Eurovita hanno ancora qualche speranza di recuperare quanto versato, deve in primo luogo chiedersi in cosa si sostanzino gli investimenti proposti ai clienti da quella Compagnia
Si tratta delle c.d. polizze assicurative unit linked. Un termine straniero, che ultimamente ha catturato l’attenzione di molti e risparmiatori italiani. Unit linked letteralmente significa “collegato a quote” e tali polizze sono prodotti misti assicurativi-finanziari collegati a un paniere di fondi e il rischio di investimento è assunto dal sottoscrittore.
Sono strutturate come polizze vita (di ramo III): una parte dell’importo versato è destinata al pagamento del premio, che garantisce una prestazione in caso di decesso dell’assicurato, ma la porzione più consistente è destinata a essere investita. Il gestore impiega questa quota in un paniere di fondi selezionati in base alle preferenze del sottoscrittore. E, come per qualunque altro investimento, il capitale non è garantito.
Tale caratteristica ha portato la giurisprudenza a ritenere la vendita di questi prodotti, benché assicurativi, di natura finanziaria e, per l’effetto, soggetta alle norme del Testo Unico Finanziario (Decreto Legislativo n. 58 del 1998), norme che hanno consentito a molti risparmiatori, nei casi Parmalat, Cirio e Argentina, di recuperare i risparmi perduti.
Impongono, tra l’altro, le stesse la stipulazione del c.d. contratto generale d’investimento, ossia il contratto destinato a disciplinare i rapporti tra l’intermediario e l’investitore con l’indicazione delle regole a tutela di quest’ultimo, l’assunzione del Profilo di rischio, che ha lo scopo di definire le caratteristiche dell’investitore e i prodotti che gli possono essere alienati, nonché la consegna del Documento Informativo sui rischi Generali dell’Investimento, con lo scopo di rendere edotto l’investitore delle eventuali conseguenze del suo operato.
Ed è quasi sempre accaduto che nel caso di alienazione di polizze unit linked i venditori, ritenendo di avere a che fare con prodotti assicurativi, non si siano mai attenuti a queste norme, con la conseguenza di provocare condanne restitutorie o risarcitorie a loro carico nei casi di perdita del capitale investito da parte del consumatore.
Ciò detto e venendo al caso delle polizze Eurovita praticamente sicuro che, anche se verrà concesso il riscatto del che dubitiamo -, ci sia poco da ottenere. Ovvio, infatti, che se la Compagnia è in dissesto, non ha i mezzi per rifondere tutti gli investitori.
Ma c’è da considerare che per la maggior parte quelle polizze sono state probabilmente “piazzate” da terzi intermediari, quali soprattutto banche e società di intermediazione finanziaria, che si servono di promotori finanziari che vanno di casa in casa.
Nel qual caso potranno essere invocate le norme del TUF con notevoli speranze di recuperare quanto investito.
Non tutto è perduto, quindi, a parere di chi scrive per chi ha acquistato polizze vita Eurovita, benché la società sia ormai fallita.
Si tratta di agire nei confronti di chi ha alienato quei titoli nella speranza che non si trattasse di un dipendente o promotore Eurovita.
Giovanni Franchi
Importante decisione ACF per tre investitori: il danno è stato riconosciuto e quantificato, grazie al lavoro dell’Avvocato Franchi.
Ancora una vittoria per Konsumer Italia a favore dei “consumatori traditi” che avevano scelto le azioni delle banche popolari pensando a una forma di risparmio sicura. Nonostante le iniziative messe in campo dal Governo, gli effetti non sono però sempre stati soddisfacenti, ma qualcosa sta cambiando grazie a recenti decisioni dell’Arbitro per le Controversie Finanziarie.
Dopo le prime quattro, è arrivata la quinta decisione a favore di tre azionisti della Banca Agricola Popolare di Ragusa, i cui titoli hanno perso gran parte del loro valore a causa del loro inserimento nel mercato Hi-MTF, che li rende difficilmente alienabili.
Il Collegio ha respinto le eccezioni pregiudiziali sollevate dall’Istituto di credito, tra le quali quella di inammissibilità del ricorso per non essere stato provato dal ricorrente – a dire della Banca – l’illiquidità del titolo e quella di prescrizione, per non essere decorso il termine decennale dall’acquisto. La domanda è stata accolta a causa del non corretto assolvimento da parte dell’istituto degli obblighi di informazione sulla natura dello strumento finanziario acquistato (illiquidità) e sul grado di rischio ad esso sotteso.
Molti degli azionisti che temevano di aver perduto i loro risparmi si sono rivolti all’Associazione Consumatori Konsumer, nello specifico, all’avvocato Giovanni Franchi, il quali ha intrapreso la strada della mediazione obbligatoria, conclusasi per tutti con il rifiuto dell’istituto di giungere a un accordo. Sono così iniziati i contenziosi davanti all’ACF, l’Arbitro per le Controversie Finanziarie.
Secondo l’ACF, non è necessario che le azioni, ancora detenute in portafoglio siano oggettivamente inalienabili. Per quanto attiene al merito, l’Arbitro ha ritenuto provato l’inadempimento dell’intermediario, consistito nella violazione dei doveri informativi. Per il Collegio non è, infatti, sufficiente che l’istituto abbia messo a disposizione dei clienti l’Opuscolo Informativo.
Konsumer Italia comunica che ogni azionista Banca Agricola Popolare di Ragusa può rivolgersi ai suoi uffici per recuperare il pregiudizio patito e che la vittoria, dopo i precedenti successi,
è ormai sicura.
Nonostante il moltiplicarsi di quelle per via digitale purtroppo non passano di moda le truffe consumate da pretesi promotori che suonano alla porta del consumatore.
Una di queste è la c.d. “Truffa del Catalogo”. Si presenta in casa un agente di vendita, il quale propone di partecipare ad un sistema di sconti per l’acquisto di beni domestici, quali coperte, piumoni, oggetti di lavanderia e così via.. Alla fine della visita, che si conclude in brevissimo tempo, in quanto il consumatore cerca in ogni modo di liberarsi di una persona che fa soltanto perdere tempo, l’agente chiede la sottoscrizione di un modulo, dicendo che gli serve come prova di aver eseguito il suo lavoro.
Si tratta, ovviamente, di soggetti addestrati per vendere e convincere il consumatore a sottoscrivere il contratto non è davvero facile a farli uscire senza firmare, perché la sottoscrizione, all’apparenza, non sembra comportare vincoli di sorta. il consumatore sente su di sé lo stress di questa presenza indesiderata e pur di accorciare i tempi della visita firma i moduli senza neppure leggerli.
Accade, però, che dopo qualche giorno, quando ormai è decorso il termine di 14 giorni previsto dagli artt. 52 e segg. Codice del Consumo per recedere, si ripresenti l’agente, dicendo che è stato sottoscritto un contratto con l’obbligo di acquistare annualmente, per almeno cinque anni prodotti, per una cifra normalmente non inferiore ai 4.000,00 euro.
E nella maggior parte dei casi il consumatore, intimorito, di essere citato in giudizio con una causa che gli costerà tempo e denaro, compra, sottoscrivendo un nuovo contratto, contratto – gli viene detto dall’agente – non soggetto a recesso perché attuativo del precedente per il quale è già decorso il temine previsto dal Codice del Consumo.
Un caso identico si è verificato a Parma e la consumatrice si è rivolta a Konsumer Emilia Romagna nella persona del suo Presidente avv. Giovanni Franchi, il quale ha scritto una lettera controfirmata dall’interessata. Nella stessa è stata dedotta la nullità dell’impegno e comunicato il recesso all’acquisto, perché effettuato fuori dai locali commerciali
La venditrice, intimorita, ha risposto via Pec il giorno successivo, comunicando di adeguarsi alle decisioni dell’interessata, al suo recesso e che avrebbe restituito l’acconto ricevuto.
Ma perché questa decisione così rapida, senza opporre resistenze?
Deve tenersi presente che con la “Truffa del Catalogo” viene fatto sottoscrivere un impegno generico ad acquistare, senza specificare con esattezza i beni.
Di qui la nullità dello stesso per assoluta indeterminatezza dell’oggetto, con la conseguenza che l’unico contratto che viene firmato dal consumatore è quello di acquisto, per il quale rimane salvo il termine di 14 giorni previsto dal Codice del Consumo.
Questo il motivo per cui la società venditrice non si è opposta al recesso e ha promesso la restituzione dell’acconto.
Notevole la soddisfazione dell’avv. Giovanni Franchi, Presidente di Konsumer Emilia Romagna, per il quale chiunque si trovi nella medesima situazione può rivolgersi alle sedi di Konsumer in Italia, pronte a risolvere il problema.
Konsumer Italia, che svolge ormai da anni la sua attività a favore dei risparmiatori, esprime la propria soddisfazione per la decisione della Corte costituzionale, che consentirà ai cittadini che hanno contratto mutui e li hanno estinti anticipatamente di ottenere la rifusione di ingenti importi relativi ai costi e, proporzionalmente, agli interessi già corrisposti. Questo, specie nei mutui – la maggior parte di quelli proposti dalle banche italiane – con ammortamento alla francese, nei quali le prime rate consistono nella restituzione degli interessi. In caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione dei costi sostenuti. La Corte costituzionale con sentenza n. 263 in data 22 dicembre 2022 ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 11-octies, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n.73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da Covid – 19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute dei servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106, nella parte in cui limitava ad alcune tipologie di costi il diritto alla riduzione spettante al consumatore. La norma riguardava i contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della disciplina attuativa della direttiva 2008/48/Ce, ma prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021. In questa limitazione, la Corte costituzionale ha ravvisato una violazione dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Ue e, in particolare, della direttiva 2008/48/Ce, come interpretato dalla Corte di giustizia con la sentenza Lexitor. La Corte costituzionale ha chiarito che ai consumatori spetterà il diritto alla riduzione proporzionale di tutti i costi sostenuti in relazione al contratto di credito, anche qualora abbiano concluso i loro contratti prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021. Da segnalare ancora che la sentenza riguarda non solo mutui, ma ogni tipo di finanziamento e che gli uffici Konsumer sono a disposizione dei consumatori per avviare le pratiche di restituzione.
I fatti sono ormai noti. Una catena odontoiatrica, Dentix, non ha riaperto i battenti dopo aver sospeso l’attività durante l’emergenza Covid, e tanti clienti si trovano a non poter più ricevere cure dopo essere stati indotti dalla stessa Dentix a concludere contratti di finanziamento con diverse società finanziarie. Contratti, sulla base dei quali i consumatori hanno ottenuto l somme necessarie per le loro cure dentistiche.
Arrivati a questo punto occorre evitare che chi ha ottenuto finanziamenti debba restituire quanto è stato versato a Dentix e chi ha già pagato, senza ricevere cure, possa ottenere il rimborso delle rate.
Secondo l’avv. Franchi, Presidente della Regione Emilia Romagna di Konsumer, la soluzione viene fornita dall’art. 125 quinquies del TUB (Testo Unico Bancario), ai sensi del quale “Nei contratti di credito collegati, in caso di inadempimento da parte del fornitore dei beni o dei servizi il consumatore, dopo aver inutilmente effettuato la costituzione in mora del fornitore, ha diritto alla risoluzione del contratto di credito, se con riferimento al contratto di fornitura di beni o servizi ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1455 del codice civile.
La risoluzione del contratto di credito comporta l’obbligo del finanziatore di rimborsare al consumatore le rate già pagate, nonché ogni altro onere eventualmente applicato. La risoluzione del contratto di credito non comporta l’obbligo del consumatore di rimborsare al finanziatore l’importo che sia stato già versato al fornitore dei beni o dei servizi. Il finanziatore ha il diritto di ripetere detto importo nei confronti del fornitore stesso.”
Per tali disposizioni occorre quindi chiedere la risoluzione del contratto con Dentix, dalla quale discenderà i venir meno di obblighi restitutori alle finanziarie e l’obbligo di queste ultime di rimborsare le rate eventualmente già pagate.
Indubitabile, infatti, che l’inadempimento, come richiesto dall’art. 1455 c.c., non sia di scarsa importanza
È, peraltro, necessario inviare immediatamente la costituzione in mora a Dentix e tutti gli uffici di Konsumer sono a disposizione dei consumatori interessati.